LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso prodotto da
 Padulazzi Giampiero, residente in Stresa,  via  S.  Michele,  avverso
 l'ufficio imposte dirette di Arona;
    Letti gli atti;
    Sentiti  il rag. Alfredo Lodari da Verbania per il ricorrente e il
 dott. Francesco Pinzino per l'ufficio imposte dirette di Arona;
    Udito il relatore dott. Mario Piscitello;
                           RITENUTO IN FATTO
    Padulazzi  Giampiero, residente in Stresa, via S. Michele, in data
 24 marzo 1988 proponeva ricorso contro l'iscrizione a ruolo - ex art.
 36-  bis  del  d.P.R.  29  settembre 1973, n. 600 - di L. 206.000 per
 Irpef 1983, sopratassa ed interessi, di cui alla cartella esattoriale
 n. 199870, notificatagli in data 28 gennaio 1988.
    Il  ricorrente chiedeva l'annullamento dell'anzidetta iscrizione a
 ruolo perche' priva di motivazione e, a sostegno della  sua  domanda,
 affermava che "Dal documento (nella specie cartella esattoriale), che
 rappresenta un accertamento, e' assolutamente  impossibile  stabilire
 il   perche'   della   correzione  della  dichiarazione  regolarmente
 presentata e documentata...".
    L'ufficio  imposte  dirette  di Arona presentava deduzioni scritte
 con le quali non contestava l'anzidetta affermazione  del  ricorrente
 ma evidenziava di aver proceduto all'iscrizione a ruolo in seguito al
 disconoscimento di oneri deducibili (Ilor per  L.  304.000)  indicati
 nella  dichiarazione  ma  non documentati, concludendo per il rigetto
 del ricorso.
    All'udienza  di  discussione  del 26 maggio 1989 per il ricorrente
 interveniva il rag. Alfredo Lodari da Verbania il quale insisteva per
 l'accoglimento del ricorso.
    Per  l'ufficio  imposte  dirette  di  Arona  interveniva  il dott.
 Francesco Pinzino il quale chiedeva il rigetto del ricorso.
    L'impugnata iscrizione a ruolo e' illegittima e va annullata.
    Questo   collegio   ritiene,  pero',  che  alla  dichiarazione  di
 illegittimita' dell'iscrizione a  ruolo  debba  seguire  la  condanna
 della  parte soccombente (nella specie l'amministrazione finanziaria,
 ufficio imposte dirette di Arona) a rimborsare all'altra parte (nella
 specie il ricorrente) le spese e gli onorari di difesa.
    Stabilisce il primo comma dell'art. 91 del cod. proc. civile - non
 applicabile pero' al procedimento davanti alle commissioni tributarie
 in  base all'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636
 - che "Il giudice, con la sentenza che chiude il processo  davanti  a
 lui,  condanna  la parte soccombente al rimborso delle spese a favore
 dell'altra parte e ne liquida l'ammontare  insieme  agli  onorari  di
 difesa".
    La  condanna  alle  spese,  a  parere  di  questo  collegio, e' un
 provvedimento  che  il  giudice,   in   applicazione   della   citata
 disposizione,  puo'  emettere  anche  d'ufficio  e,  pertanto,  nella
 fattispecie oggetto d'esame,  deve  ritenersi  irrilevante  l'assenza
 della domanda di parte.
    Alcune  commissioni  tributarie  hanno gia' sottoposto al giudizio
 della Corte costituzionale, in riferimento agli artt. 3  e  24  della
 Costituzione,  l'art.  39  del  d.P.R. n. 636/1972 nella parte in cui
 detto articolo esclude l'applicabilita' nel procedimento davanti alle
 commissioni  tributarie degli articoli da 90 a 97 del c.p.c. e quindi
 nella parte in  cui  esclude  la  condanna  alle  spese  della  parte
 soccombente.
    Ma  la  Corte  costituzionale  con  la sua sentenza n. 196/1982 ha
 ritenuto la questione non fondata affermando  che  "l'istituto  della
 condanna  del  soccombente  al  pagamento  delle  spese  ha carattere
 generale, ma non e' assoluto ed inderogabile".
    In  epoca  piu'  recente, pero', la stessa Corte costituzionale ha
 affermato che "la liquidazione delle  spese  e  delle  competenze  in
 difetto  della  quale  il  diritto  di  agire in giudizio, per antico
 insegnamento,  sarebbe  in  guisa   monca   garantito"   e'   normale
 completamento   dell'accoglimento  della  domanda  ed  ha  dichiarato
 illegittimo l'art. 641, terzo comma, del codice di  procedura  civile
 nella  parte in cui escludeva che il giudice, in caso di accoglimento
 della domanda, dovesse liquidare le spese e le  competenze  (sentenza
 31 dicembe 1986, n. 303).
    In  base  al piu' recente insegnamento della Corte costituzionale,
 quindi, l'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972,  n.  636,
 nella  parte in cui esclude la applicabilita' al procedimento davanti
 alle Commissioni tributarie degli articoli da 90 a 97 del  codice  di
 procedura   civile,   potrebbe   essere   affetto  da  illegittimita'
 costituzionale  in  relazione  all'art.  3  (perche'  irrazionale)  e
 all'art.  24  della Costituzione, a meno che non si ritenga legittimo
 (ma in base a quale norma costituzionale?) garantire "in guisa monca"
 il diritto di agire in giudizio del cittadino-contribuente.
    E'  pur vero che nel processo davanti alle commissioni tributarie,
 per una scelta quanto meno discutibile  del  legislatore,  la  difesa
 tecnica   non  e'  obbligatoria,  ma  e'  innegabile  che  quando  il
 contribuente,  come   nella   fattispecie   in   esame,   si   avvale
 (prudentemente) dell'opera di un professionista sopporta delle spese,
 di importo non irrilevante,  che  l'Amministrazione  finanziaria,  in
 caso di soccombenza, dovrebbe rimborsare.
    Inoltre,  e'  innegabile  che  il contribuente anche quando sta in
 giudizio da solo (a suo rischio e pericolo a  meno  che  non  sia  un
 esperto  di  diritto  tributario) sopporta sempre delle spese, quanto
 meno per il foglio o per i fogli bollati del ricorso, che, in caso di
 vittoria, dovrebbero essergli rimborsate.
    La  suddetta  questione  di legittimita' costituzionale, oltre che
 "non manifestamente infondata", e' anche  "rilevante"  in  quanto  la
 stessa  non  viene  proposta  in via meramente eventuale, ma dopo che
 questo  collegio  ha  accertato  la   sussistenza   del   presupposto
 necessario  per  la  condanna  dell'Amministrazione  finanziaria alla
 condanna  alle  spese,  presupposto  costituito   dall'illegittimita'
 dell'iscrizione a ruolo operata dall'ufficio imposte dirette di Arona
 (ordinanza Corte costituzionale del 13-28 aprile 1989, n. 244).